Un orologio da Nobel

Un Orologio da Nobel
di Laura Fanti (Prof. di Genetica – Sapienza Università e Istituto Pasteur Italia)

Il premio Nobel per la Medicina 2017 è andato a Jeffery Hall, Michael Rosbash e Michael W Young per i loro studi sull’orologio biologico. Ma cos’è questo orologio biologico? Prima di tutto, l’orologio biologico è conservato negli organismi viventi. Esso si è evoluto con le prime forme di vita per rispondere ai cambiamenti di luce e buio determinati dalla rotazione della terra intorno al suo asse nel corso delle 24 ore. La capacità di prevedere i cambiamenti ambientali è fondamentale per la sopravvivenza e la riproduzione. Pensiamo, per esempio, alle talpe che vivono sottoterra e devono uscire dalle tane solo quando è buio o ai pesci che impiegano molti minuti per passare dalla visione diurna a quella notturna: sarebbero facili prede se sbagliassero il momento di uscire allo scoperto! Pertanto, l’orologio biologico si è evoluto in modo da generare un ritmo che è detto circadiano, appunto perché dura circa 24 ore.
Un po’ di storia: la prima descrizione di un ritmo circadiano risale al IV secolo Avanti Cristo, con l’osservazione dei movimenti diurni della foglia dell’albero di tamarindo da parte di Androsthenes durante le marce di Alessandro Magno, senza sospettare tuttavia l’origine endogena di tali ritmi fogliari. Questi ritmi furono scoperti dopo due millenni, quando nel 1729 l’astronomo francese de Mairan dimostrò che i movimenti eliotropici delle foglie di Mimosa pudica persistevano anche in condizioni di costante oscurità. Anche l’uomo, che ha costruito orologi di tutti i tipi, è costruito a sua volta con un suo orologio biologico interno.
Ma come è fatto questo nostro orologio? È costituito da un gruppo di cellule cerebrali situato nell’ipotalamo: riceve informazioni sulla luce esterna attraverso delle cellule fotosensibili presenti nella retina e adatta i ritmi biologici del nostro corpo a quelli esterni con il susseguirsi del giorno e della notte. Queste informazioni sono poi inviate agli orologi periferici degli altri organi, come quelli che governano l’attività del cuore e del fegato. L’orologio biologico è coinvolto in molti aspetti della vita, dal ritmo sonno-veglia, ai tempi di rilascio di numerosi ormoni, a vari processi metabolici, all’espressione dei geni e alla sintesi delle proteine. Queste proprietà hanno assunto una grande rilevanza in medicina perché si è visto che l’efficacia terapeutica di molti medicinali dipende dal tempo di somministrazione relativo ai ritmi dei vari organi. Gli studi condotti utilizzando il moscerino della frutta Drosophila melanogaster come organismo modello, hanno dato importanti contributi alla comprensione dei meccanismi che sono alla base del ritmo circadiano. Ron Konopka e Seymour Benzer nel 1971 identificarono il primo gene “orologio” e lo chiamarono period (per). Successivamente ne sono stati scoperti altri e quasi tutti sono conservati anche nell’uomo. I tre scienziati vincitori del premio hanno dato un notevole contributo alla scoperta dei meccanismi molecolari dei ritmi circadiani. In conclusione, oggi sappiamo che la maggior parte dei processi biologici degli organismi viventi sono controllati da un orologio biologico e che il malfunzionamento di questo orologio endogeno può essere percepito come un forte stress con una conseguente insorgenza di malattie e un accorciamento della vita. L’Istituto Pasteur-Fondazione Cenci Bolognetti ha finanziato un progetto di ricerca volto a capire quali sono i meccanismi molecolari alla base della relazione fra ritmi circadiani e stress.